San Demetrio ne’ Vestini

Il toponimo attuale del paese risale solo al 1862, e precisamente al 30 luglio, quando il primo cittadino di San Demetrio convocò il Consiglio comunale per pronunciarsi sulla modifica del nome del borgo, uguale a quello di un altro paese della Calabria (San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza). Assecondando la deliberazione del consiglio di aggiungere al nome principale quello degli antichi abitanti del territorio, i Vestini, San Demetrio acquisì la denominazione definitiva di San Demetrio ne Vestini.

Lorigine della prima parte del    toponimo è tuttavia controversa. Per alcuni studiosi il nome sarebbe da collegare al culto della dea Demetra (Cerere) e, quindi, significare cereale; altri, invece, sostengono che questi fosse da rimandare a San Demetrio, il cui culto si era particolarmente diffuso nel Medioevo, allorché molte colonie di Albanesi si insediarono in questa zona dellAbruzzo aquilano e favorirono la venerazione del Santo di Tessalonica, martirizzato durante la persecuzione di Massimiano (III sec. d. C.).

Lo stemma della cittadina raffigura, infatti, un guerriero a cavallo su fondo dorato che, nella tradizione popolare, rappresenta il Santo in abiti militari, immagine che va attribuita probabilmente alla fama dei suoi miracolosi combattimenti per difendere la città di Tessalonica contro gli attacchi degli avari e degli Slavi.

Per quanto riguarda la seconda parte del nome, essa deriva dagli antichi Vestini, popolo Medio-Italico, vicino geograficamente e linguisticamente ai confinanti Marrucini e Peligni, che abitava a cavallo delle cime più alte dellAppennino centrale. Quanti si insediarono nella parte più alta dei rilievi montuosi vivevano di pastorizia transumante, mentre quelli stanziati nella parte più orientale del territorio, si occupavano di agricoltura e prodotti caseari. Tra il V e IV secolo a. C. , i Vestini raggiunsero unorganizzazione amministrativa basata su pagi, ossia estesi distretti territoriali con allinterno uno o più villaggi, dotati di autonomia amministrativa, finanziaria e religiosa; sulla lingua parlata sappiamo solo che si trattava del dialetto osco.

Secondo la tradizione, il trasferimento di alcuni coloni dalla vicina Peltuinum  al  territorio su cui attualmente sorge il paese, avrebbe dato origine al primo nucleo abitativo, poi estesosi fino a coprire unampia zona alla destra dellAterno, confinante a nord con le terre appartenenti agli Amiternini, ad est con quelle dei Peltuinati e a sud con i territori appartenenti a Frustanae (oggi identificabili con il Castello dOcre e dintorni). I confini geografici dellabitato cominciano a subire i primi cambiamenti verso gli ultimi secoli dellImpero romano, quando si forma la provincia Valeria, da cui nascerà la futura regione abruzzese (IV-V sec. dopo Cristo).

NellVIII secolo d.C., la Provincia Valeria sidentificava con lottava provincia italiana, mentre parte del territorio abruzzese era ancora suddiviso tra la settima Provincia (il Piceno e le zone di Penne e di Atri) e la quattordicesima (il Sangro, le zone di Chieti e più a sud quelle di Isernia nellattuale Molise). Sotto i Longobardi, essa prende il nome di Marsia, anche se successivamente verrà assorbita dal ducato di Spoleto, diviso in sette Castaldati. Con linizio della dominazione normanna, la maggior parte del territorio abruzzese entra a far parte del Meridione e le ville sparse cominciano a dotarsi di mura fortificate, trasformandosi in castelli.

Il primo documento storico in cui è citato San Demetrio è la Bolla papale del 1178 che Alessandro III inviò a Pagano, vescovo forconese. Qui compare anche il nome della chiesa di S. Giovanni, che diventa soggetta allillustrissimo e Reverendissimo Capitolo di S. Giovanni in Laterano in Roma. I nomi delle restanti ville, Colle (o Colla), Villa Grande, Chiavantoni (o Caventani o Cavantoni), Collarino (o Collerano), Cardabello (o Caderabello o Cardabollo), Cardamone (o Cardamoni), appariranno solo in documenti successivi, ma quasi sicuramente i sette borghi che componevano labitato esistevano già nel XII sec., ben distinte luna dallaltra.

Come attesta lo storico aquilano Bernardino Cirillo nella sua Cronaca aquilana rimata, San Demetrio partecipò, insieme agli altri paesi vicini, alla fondazione della città di LAquila, avvenuta tra il 1254-1255. Nel 1423, come riportano anche i resoconti storici del Cirillo, del Fonticulano e dellAntinori, San Demetrio resistette allattacco di Braccio da Montone, che imperversava nella provincia aquilana, conquistando castelli e preparandosi allassedio dellAquila. Nel 1442, il paese ospitò il re Alfonso dAragona, il quale, sconfitto il duca di Lorena, in seguito alle guerre tra Angioini e Aragonesi, proprio da qui ordinò la distruzione del castello di Fagnano.

Dallepoca della fondazione dellAquila, alla quale S. Demetrio partecipa, e fino al 1529, il borgo è parte integrante del Contado dellAquila, città Regia sotto il regime Vicereale Spagnolo, già da tempo instauratosi. Nel primo quarto del XVI, alla conclusione dellultimo tentativo della Francia di togliere alla Spagna il Regno di Napoli, il Principe dOrange, comandante dellarmata spagnola, punisce duramente LAquila e il suo Contado, che hanno parteggiato per i francesi. Oltre ad una taglia di 100.000 scudi e allobbligo di erigere a spese della comunità il Castello, il principe smembra il Contado, assegnando in feudo le varie terre ai suoi capitani. La terra di san Demetrio viene concessa in feudo da Ferdinando I a Ferdinando de Aguilera. Per la concessione del feudo, il capitano deve pagare duecento scudi, ma le ottantasette famiglie, residenti nelle sette ville, assicurano una rendita annua di quarantasette ducati e due tarini. Il non radicamento sul territorio dei Capitani Spagnoli, spesso titolari di ben altre proprietà in patria, fa sì che dopo un trentennio dallinfeudamento, si assista ad una massiccia vendita di tali beni da parte dei primi assegnatari o dei loro eredi. È il caso di San Demetrio che viene acquistato dallaquilano Camillo Antonelli nel 1569, nellambito di una sua politica di espansione sul territorio. Questazione viene però contrastata da un nuovo protagonista della scena aquilana, Andrea Ardinghelli, che nel 1575 riesce a spodestare Antonelli nel possesso del feudo. Nel 1602, alla morte di Ardinghelli, il feudo di San Demetrio passa nelle mani di Clemente Sannesio, famiglia patrizia romana, originaria di Belforte del Chienti, nella diocesi di Camerino. I Sannesio possiedono San Demetrio fino al 1724, quando lultimo Clemente muore senza successione diretta. Il possesso del feudo passa così al duca Fabrizio Pignatelli, che aveva sposato la vedova di Clemente Sannesio. Inizia il breve periodo di dominazione dei Pignatelli. Dopo la morte del Duca Fabrizio nel 1749, eredita il feudo il fratello Giambattista, che lo detiene dal 1749 al 1752, ma decede poco dopo.  Si apre così una complicata vertenza di successione, che si concluderà solo nel 1752, con la cessione del feudo e titolo di San Demetrio e Picenze al nobile napoletano Arcamone. Filippo, primo feudatario di San Demetrio della famiglia, muore nel 1764. Gli succede il figlio Nicola che, dal matrimonio con Cecilia Caracciolo, avrà un figlio, il quale diventerà Duca di San Demetrio dal 1762 al 1798. Morendo senza eredi, il feudo ricadrà nel dominio della Regia Camera, ove resterà fino alla devoluzione del 1806.

Nel corso dei quasi tre secoli di dominio feudale, il potere dei feudatari era andato gradualmente riducendosi, mentre contemporaneamente emergeva quello della borghesia locale.  Le grandi famiglie armentizie, i Cappelli, i Tatozzi, i Visca, i Marimpietri, acquistavano potere, condizionano leconomia locale e rendevano completamente obsoleti gli ultimi conati della feudalità. Dal 1806 al 1812, i beni del feudo vengono devoluti al fisco e messi in vendita, come da legge di abolizione della feudalità. Con il 1861, vale a dire con lunità dItalia, San Demetrio aderì immediatamente al nuovo Stato Italiano.