Statùle, in epoca romana, fu una importante mansio come testimoniano i rinvenimenti fatti nella omonima contrada: molti resti di muri (ancora ben evidenti), diversi frammenti epigrafici, monete, idrie, statuette votive, vasi fittili, lucerne, alcune armi, ecc. Intorno al Regio Tratturo, lungo il tracciato della via Claudia Valeria vennero alla luce una ventina di grandi doli (celle vinarie) insieme a resti di muri e pavimenti, molto cocciame, frammenti di laterizi e un ustrino (luogo in cui si cremavano i cadaveri), come pure una tomba ad inumazione con ceramiche, una punta di lancia di ferro, un grande dolio con una grossa quantità di pesi da telaio in terracotta. Anche nella contrada “Salcone” vengono segnalate a varie riprese un cospicuo numero di tombe a tegoloni, ad indicare che probabilmente qui era ubicata la necropoli della vicina Statùle.
Resti di una cella vinaria, due anfore e molti frammenti di ceramica sono state trovate nella località “Neviera”; avanzi di acquedotto romano a “Valle Orsa”, probabile diramazione del più grande acquedotto della Valle Orfecchia; resti di muri e un antico pozzo a “Rio Scuro”; tracce di via tagliata nella roccia a “San Donato”. In contrada “Costa dei Saraceni” fu rinvenuto nel 1897 un cippo miliario di pietra calcare, sul quale un’iscrizione, XC (90) del miglio della Valeria Claudia, ricorda un restauro della strada del IV sec. d.C. Degna di menzione la scoperta di una piccola necropoli italica con i resti della cinta fortificata sul Monte Castelluccio, nonché il rinvenimento dell’interessantissimo gruppo di oggetti di bronzo (fibule, anelli, pendagli) dell’età del bronzo finale ora sistemati in parte nel museo Pigorini di Roma ed in parte nel Museo Preistorico dell’Italia centrale “G: Bellucci” di Perugia. In località La Staturia” i tecnici della Soprintendenza Archeologica di Chieti nel 1992 hanno riportato alla luce murature perimetrali di un santuario di età romana, un acciottolato e la base di un pilastro, nonché alcune fibule, diverse suppellettili di fine ceramica da mensa e resti di tegole. Si segnalano infine, in località “Ara Squadrata”, i resti di un probabile tempietto in opas irlcertum. Quando sia andata distrutta questa importante mansio, non sappiamo. C’è da supporre, in ogni caso, che questo antico insediamento di Statùle, come quello dellintera colonia superequana, fosse devastato prima dagli Sciiti comandati da Dadaulfo, poi dai Vandali di Genserico. Verosimilmente il primo nucleo abitativo dell’attuale insediamento dovette sorgere a cavallo dei due secoli. Da documenti indiretti sappiamo che in applicazione dell’ordinamento politico-economico longobardo la popolazione superstite di Statùle fu divisa in dodici fare o piccoli nuclei gentilizi o militari (tribù), borghi, villaggi facenti capo alla rocca di Goriano Siculi. Nel 1000 il castello di Goriano è tenuto dai Berardi. Il castello, dipendente dalla Contea dei Marsi, occupava la cima del colle su cui poggia il paese; era protetto dal caratteristico baluardo e cinto da doppio girone di mura munite di feritoie. Si raggiungeva passando per tre porte: Bagliucci, Barracca e di Murro, fornite di saracinesche e saettiere.
Questo maniero, oggi trasformato in chiesa parrocchiale, era molto importante per la regione perché costituiva una poderosa difesa. La porta di Murro, del 1400, il cui arco ogivale in origine doveva essere a tutto sesto pari a quello di Bagliucci e Baracca, reca una targa marmorea mutila sorretta da due figure femminili e rispecchia la sagoma frammentaria di un leone in gualdrappa di incerta attribuzione araldica. Nel 1145 dal Catalogo dei Baroni compilato sotto Guglielmo II Normanno, apprendiamo che “Goriano Secco in Valva era feudo di Rinaldo conte di Celano”. Nel 1269 dopo la disfatta di Corradino di Svevia a Tagliacozzo e l’infamia della sua decapitazione sulla piazza del mercato a Napoli, la contea di Celano passò al Carlo D’Angiò e con essa il feudo di Goriano Secco. Nel 1304 il religioso Jacobo di Paolucci di Goriano, ottenne dal Papa Benedetto XI, con Bolla dell’l1 gennaio facoltà di erigere Goriano Sicoli un Monastero di Clarisse che venne edificato presso la chiesa di S. Donato. Oggi del convento e chiesa non restano che pochi ruderi presso il santuario S. Gemma. Nel 1332 è feudatario di Goriano Sicoli Ruggiero IV dei Conti di Celano, implicato nella storia leggendaria di S. Gemma. Nel 1474 a spese pubbliche, il Capitano della Valle Subequana Danesio Conazzi di Sessa, trovata una sorgente d’acqua, fa edificare un acquedottotto e una Fontana in Goriano Sicoli (proprio dove sorge quella attuale) e vi fa scolpire (come si deduce dall’epigrafe murata nel bastione) la memoria ad onore di Antonio d’Aragona Piccolomini duca d’Amalfi e Conte di Celano, gran giustziere del Regno e, s’intende, signore di quella terra. Nel 1505 scomparso Antonio Piccolomini, subentrò nei suoi possessi feudali Costanza d’Aragona Piccolomini, duchessa d’Amalfi. Nel 1527 durante la costruzione della chiesa Parrocchiale alla famiglia Gentile fu concessa, dalle autorità ecclesiastiche, un altare gentilizio, quello cioè del l’attuale Sacro Cuore. I Gentile furono investiti del feudo di Piccolomini fin dal XV sec.
Il 1593 è l’anno di fondazione della parrocchia di S. Maria Nuova: un tempio a croce latina di tre navate. Vi si ammirano pregevoli opere di stucco, un ricco pulpito di noce scolpito da Bernardino Mosca di Pescocostanzo e una grande croce istoriata risalente al 1400 col Cristo rappresentato nel pietoso rilassamento del decesso. La facciata della chiesa mostra sul frontale uno splendido rosone romanico e in alto, il quadrante dell’orologio a pesi; sullo sperone, una specie di rostro a testa leonina riportato dai ruderi del castello. Il 1613 è l’anno di costruzione della Chiesa di Santa Gemma, edificata sopra una piccola chiesa, ad una navata con abside a pianta curvilinea. La facciata fu rifatta tra il settecento e l’ottocento. All’interno è possibile ammirare, nella parte absidale, un ciclo di affreschi che rappresentano scene di vita di S.Gemma e una interessante tela raffigurante S. Antonio di Padova dell’artista Teofilo Patini. Nel 1633 è Signore della terra di Goriano il Principe di Gallicano, Pompeo Colonna.
Nel 1661 Goriano Sicoli passa dal Principe Gallicano a tenimento regio. Nel 1662 è Signore della terra di Goriano Maffeo Barberini, Principe di Palestrina. Nel 1669 Goriano Sicoli è segnato come feudo del capitano Domenicantonio De Santis. Per tutto il ‘700 e 1’800 in Goriano Sicoli erano molto fiorenti le industrie lanifera e serica. Basti pensare che i lanari gorianesi erano in commercio con i lanari fiorenti e, per la seta, il commercio era attivissimo con Venezia. Non bisogna neanche dimenticare le ricchezze derivanti dai pregiati marmi, dai travertini e dalle impareggiabili pozzolane delle cave di Casa Paolucci, e, infine, lottima produzione di granaglie. E’ in questo contesto storico sociale che nasce lo scalo ferroviario sulla linea Sulmona Roma e, parallelamente, viene costruita la Fontana pubblica: un vero gioiello architettonico, dalle forme eleganti con doppia fila di portici laterali di otto arcate ognuno. Nel 1818 viene completata la nuova chiesa a croce latina dedicata a S.Gemma.
Il 28 ottobre 1888 è stata inaugurata la Fontana come testimoniano le due epigrafi commemorative che si leggono nel prospetto del monumento, incise su lastre in marmo e sormontate l’una dalla stemma gentilizio di casa Paolucci, l’altra dallo stemma municipale.